L’acaro dei tarli – Pyemotes Ventricosus

Vita da Pyemotes Ventricosus

P. ventricosus è un acaro il cui interesse dermatologico si correla alla sua diffusione negli ambienti domestici soprattutto nel periodo primaverile-estivo, quando le femmine giovani fuoriescono dalle gallerie scavate dai tarli all’interno dei mobili e si muovono sulla loro superficie, contaminando eventuali vestiti o biancheria in stretto contatto con il legno tarlato.
Le femmine gravide, invece, vivono in profondità all’interno delle gallerie scavate dai tarli, perché si muovono con molta difficoltà. Ciò si deve alla dilatazione del loro corpo che si espande in modo abnorme con il crescere della prole nell’ utero materno: 300-400 individui sviluppano nel suo interno fino allo stadio di adulti ed appena fuoriusciti sono già in grado di accoppiarsi e poi pungere l’uomo ripetutamente nel vano tentativo di paralizzarlo come se fosse una larva di tarlo. Tale particolare sistema riproduttivo garantisce la sopravvivenza della prole anche in condizioni ambientali avverse ed origina le massicce e improvvise infestazioni che frequentemente si osservano all’interno delle abitazioni in primavera-estate.
Nella frenetica ricerca di cibo, i giovani Pyemotes appena partoriti incontrano l’uomo e attratti dall’anidride carbonica emessa dal suo corpo, lo pungono ripetutamente, spesso nello stesso punto, originando tipiche lesioni strofuloidi fortemente ravvicinate tra loro, talvolta con una caratteristica disposizione lineare.

L’acaro della scabbia o Sarcoptes scabiei

Sarcoptes scabiei è un acaro astigmato strettamente dipendente dall’ospite per la propria sopravvivenza. Si localizza dentro lo strato corneo dell’epidermide dove scava delle nicchie che poi si estendono in cunicoli tortuosi della lunghezza di circa 6-7 mm. Qui le femmine gravide depositano 2-3 uova al giorno per circa 60 giorni, fino ad un totale di 40-50 uova. Dopo 4-5 giorni dalle uova schiudono delle larve esapodi che mutano prima in protoninfe e poi in tritoninfe ottopodi, le quali dopo circa 3-4 giorni raggiungono lo stadio di adulto. Un ciclo vitale completo dura in media 10-21 giorni.

Collegamento a link o a lavori scientifici di maggiore approfondimento
urania@edpa.it
Principato M. et al. 2014. Artropodi di interesse dermatologico in ambiente confinato. Universitas Studiorum Casa Editrice. Mantova.
Boni P., Principato M. 2002. Osservazioni sulla resistenza ambientale di Sarcoptes scabiei var. canis in differenti condizioni di temperatura ed umidità. Atti Congresso S.I.S.VET, 56: 207-208.
Principato M. 2002. Osservazioni sulla capacità di penetrazione cutanea nell’uomo di Sarcoptes scabiei var. canis e S. scabiei var. hominis in differente stadio evolutivo. Atti Congresso S.I.S.VET, 56: 209-210.

Curiosità

Un soggetto scabbioso non curato, può restare infestante per anni?
Si. E’ frequente che un soggetto scabbioso non sappia di avere la scabbia e non si curi. Egli permane infestante per gli altri anche dopo anni.

Un soggetto con Pseudoscabbia di origine animale può infestare altre persone?
No, in genere questo non accade.

Un soggetto con Falsa scabbia di origine ambientale è contagioso?
Assolutamente no.

Si può contrarre la scabbia senza mai venire a contatto con un soggetto scabbioso?
Si. Ci si può contagiare dormendo in un letto dove è stato in precedenza un soggetto scabbioso o, più semplicemente, indossando i suoi abiti o la sua biancheria.

La scabbia è sempre pruriginosa?
Si, sempre; e il prurito si accentua nelle ore notturne.

Anche la Pseudoscabbia e la Falsa scabbia provocano prurito nell’uomo?
Si, entrambe queste parassitosi determinano prurito insistente. Glycyphagus domesticus, agente della Falsa scabbia dell’uomo, è anche chiamato “Acaro del prurito”.

La scabbia è una malattia denunciabile?
Ci sono due casi:

  • Scabbia umana da contagio con animali.
    Le rogne degli animali sono patologie denunciabili, come previsto dal Regolamento di Polizia Veterinaria. Ma l’art. 5 di tale regolamento prevede la denuncia anche dei casi umani (DPR 08/02/1954, n. 320: Regolamento di Polizia Veterinaria. Art. 5: “I casi di carbonchio ematico, di mal rossino, di salmonellosi, di brucellosi, di tubercolosi clinicamente manifesta negli animali lattiferi e quelli di tubercolosi nei cani, nei gatti, nelle scimmie e negli psittaci, di morva, di rabbia, di rickettsiosi e di rogna – se trasmissibile all’uomo – devono essere segnalati dal veterinario comunale all’ufficiale sanitario unitamente alle misure urgenti adottate per impedire il contagio all’uomo. Parimenti l’ufficiale sanitario deve segnalare al veterinario comunale i casi delle malattie sopra elencate accertati nell’uomo…”).
  • Scabbia umana (di origine umana).
    Il Decreto Ministeriale del 15 dicembre 1990 (G.U. N°6, 8 gennaio 1991), “Sistema informativo delle malattie infettive e diffusive”, inserisce la scabbia tra le “malattie per le quali alla segnalazione del singolo caso da parte del medico deve seguire la segnalazione dell’unità sanitaria locale solo quando si verificano focolai epidemici”.

I numeri del Sarcoptes

Quanto tempo Sarcoptes scabiei permane vitale nell’ambiente al di fuori dell’ospite?
Sarcoptes scabiei può vivere circa 7 giorni a 6°C e 85% UR; 4 giorni a 20°C e 85%UR.

Quanto tempo impiega Sarcoptes scabiei a penetrare nella cute umana?
La larve di Sarcoptes scabiei sono le più veloci in quanto impiegano 10-11 minuti a penetrare nella cute dell’uomo. Se si tratta di un ceppo di Sarcoptes proveniente da soggetti con scabbia norvegese le larve impiegano, invece, solo 4 minuti. Le ninfe impiegano mediamente 15-20 minuti (15 minuti S. scabiei var. canis; 18 minuti S. scabiei var. hominis forma banale; 12 minuti S. scabiei var. hominis forma norvegese), più o meno come i maschi, mentre le femmine impiegano circa 30 minuti.
Dunque il contagio avviene prevalentemente a mezzo delle larve neoschiuse le quali, peraltro, sono più veloci e in grado di camminare speditamente tra le lenzuola e sui vestiti.

Dopo quanto tempo dalla penetrazione dell’acaro si hanno le prime manifestazioni cliniche?
Le prime manifestazioni cliniche si hanno 2-3 settimane dopo il contagio.

Sarcoptes scabiei quante persone infesta annualmente nel mondo?
Sarcoptes scabiei origina circa 300.000.000 di episodi di scabbia nel mondo

Quante persone muoiono annualmente nel mondo per complicazioni batteriche da scabbia?
Nel mondo muoiono annualmente per complicazioni batteriche da scabbia circa 300.000 persone.

Pidocchio rosso o Acaro rosso dei polli

Erroneamente noto come “pidocchio rosso” – per pidocchio ci si riferisce invece ad un insetto – il Dermanyssus gallinae (De Geer) è un acaro, da adulto infatti presenta 8 zampe. Rappresenta uno dei più pericolosi ectoparassiti degli allevamenti avicoli; la sua presenza massiccia, soprattutto a carico delle galline ovaiole arreca ogni anno pesanti ricadute sulla produttività degli animali. Diffuso in tutto il mondo, è riconosciuto il suo ruolo di importante vettore di diversi patogeni virali e batterici. In condizioni ottimali compie l’intero ciclo vitale in una settimana. L’acaro si nutre del sangue dei volatili sia nelle forme giovanili, che da adulto, in quanto la femmina necessita di proteine per fare maturare le proprie uova. D. gallinae passa la maggior parte della sua esistenza nascosto in vari pertugi presenti nell’allevamento e solo durante le ore notturne si muove alla ricerca dell’ospite su cui nutrirsi e sul quale non dimora a differenza di altri acari ornitofili come l’Ornithonyssus sylviarum (Canestrini e Fanzago) che completano il loro ciclo vitale sull’animale di cui si nutrono. Le ovaiole attaccate manifestano insofferenza, irritabilità, diminuzione della produttività e in casi estremi, con pullulazioni massicce dell’acaro, dall’anemia fino alla morte.

Vita da Dermanyssus gallinae

dermanyssus-gallinae-particolare
dermanyssus-gallinae-particolare

La femmina misura circa 1mm di lunghezza e può apparire grigia oppure rossastra dopo il pasto di sangue. Dopo avere effettuato il pasto di sangue, che non dura più di 60-90’, depone durante la sua esistenza fino a 35 uova nelle vicinanze degli ospiti. Esse si presentano di forma ovale biancastre (0.4mm). Le forme giovanili sgusciano – a 28-30 °C – dopo circa 2-3 giorni di incubazione. Le larve non si nutrono, e sono caratterizzate dall’avere 6 zampe, ma dopo avere svolto la prima muta e divenute ninfe di prima età con 8 zampe (protoninfa) cominciano a ricercare il pasto di sangue. Dopo una successiva muta, ninfa di seconda età, l’acaro raggiunge la forma adulta con una terza muta. In situazioni ottimali (27-28 °C) l’intero ciclo – da uovo a uovo – può concludersi in 7 giorni. Da prove effettuate da ricercatori nord europei è risultato che le temperature che permettono la ovideposizione possono variare dai 5 ai 45°C con l’optimum sui 20°C con il 70% UR. Le femmine ovidepongono per la durata di 1-3 giorni dai 20 ai 45°C ma la durata dell’ovidepozizione può dilatarsi a 28 giorni se la temperatura cala sui 5°C. Le uova sono suscettibili alla disidratazione. Gli adulti possono sopravvivere anche 9 mesi senza pasto di sangue se le temperature si mantengono dai 5 ai 25°C ad umidità che possono variare tra 60-80% UR.

Le curiosità dell’acaro dei polli

Gli allevatori, spesso, lamentano la presenza di “diverse specie” di acari, descrivendo animali di colore biancastro ed altri di colore rosso. Si tratta sempre di D. gallinae che nel primo caso è digiuno e nel secondo ingorgato del sangue dell’ospite, diventando rossastro.

Gravi ricadute a carico dei lavoratori del settore avicolo

Oltre al danno arrecato agli animali con pesanti perdite di produzione quando le pullulazioni divengono esplosive gli operai ed i tecnici che debbono frequentare l’allevamento possono essere punti da questo parassita. Sebbene l’acaro non sia in grado di riprodursi nutrendosi di sangue di mammiferi – essendo infeudato strettamente ai volatili – le loro punture provocano pomfi pruriginosi ed in casi estremi, reazioni allergiche violente dovute alla loro saliva.

La Cimice dei letti

Biologia

La Cimice dei letti (Cimex letuclarius) è un insetto ematofago obbligato ecto-parassita dell’uomo e di altri mammiferi e uccelli. È un insetto sociale che può aggregarsi con gli altri individui della stessa specie in ogni anfratto o fessura al riparo della luce diurna (fototropismo negativo) situato nelle immediate vicinanze dei luoghi di riposo notturno dell’uomo. Le superfici preferite sono in genere la carta e il legno e i tessuti, ma in loro assenza le cimici possono aggregarsi anche su altre superfici: come la plastica e il ferro. In questi luoghi, detti focolai di sviluppo, durante il giorno la popolazione di insetti rimane in uno stato di aggregazione formando colonie costituite da poche decine fino a centinaia di individui.
Durante la notte ogni individuo – di qualsiasi stadio vitale (neanide o adulto) e gli adulti di entrambi i sessi – fuoriesce dai siti di aggregazione diurni per compiere il pasto di sangue sull’uomo. Terminato il pasto le cimici ritornano al proprio focolaio di sviluppo.

Vita da Blatta

Appartenenti all’ordine dei Blattodei, questi insetti hanno forma più o meno ovale, schiacciata dorso-ventralmente e variano nella colorazione da molteplici varietà di marrone al nero.
Gli adulti di alcune specie raggiungono al massimo 1,5-2 cm di lunghezza, mentre altri possono superare gli 8 cm.
Quando sono in posizione di riposo il capo è curvato in basso, sotto il torace, e tende a non essere visibile. Sul capo si trovano un paio di antenne lunghe e filiformi, 2 larghi occhi e la bocca dotata di apparato masticatore.
Lo scudo dorsale posto sul torace copre la base della testa e delle ali. Alcune specie per spostarsi volano, altre pur avendo le ali sono poco adatte al volo, altre ancora sono attere. Sia i maschi che le femmine sono dotati di grandi organi di senso detti “cerci”, posti nella parte terminale dell’addome.

Le specie rilevanti nelle infestazioni sono essenzialmente 4: Blattella germanicaSupella longipalpa (di dimensioni inferiore ai 2cm), Periplaneta americana e Blatta orientalis (fra 3 e 4cm).
Le prime due specie di colore giallo ocra, infestano prevalentemente ambienti dedicati alla distribuzione alimentare e domestici. P. americana è caratterizzata da un colore rosso cuoio e dalla presenza di ali che coprono interamente l’addome negli adulti; B. orientalis invece appare di solito più scura e negli adulti le ali non arrivano a coprire interamente l’addome.
Queste due specie più grandi tendono in genere ad infestare ambienti sotterranei, fogne e scantinati oltre agli ambienti domestici. Più raramente, soprattutto nelle regioni meridionali del nostro Paese si può rinvenire una quinta specie, Polyphaga aegyptiaca, di colore nero, lunga circa 3cm e con ali più lunghe dell’addome nel maschio.

Importanza sanitaria

Le blatte o scarafaggi sono potenziali contaminatrici del cibo che l’uomo conserva per se stesso e per gli animali domestici, quando questo non sia adeguatamente protetto. La caratteristica potenzialmente più pericolosa delle blatte è quella di rigurgitare una parte del cibo assunto e di defecare durante il pasto.
In laboratorio è stato dimostrato che le blatte possono trasportare esternamente o nel canale alimentare oltre 40 specie di batteri patogeni.
Principalmente si tratta degli agenti di dissenterie batteriche, salmonellosi, botulismo e colera. Sono anche in grado di trasmettere diversi virus, quali i virus Coxackie, parecchi ceppi del virus poliomielitico, probabilmente quello dell’epatite A. Le blatte possono fungere da vettori anche di uova di elminti (ascaridi, tenie, anchilostomi) e protozoi patogeni quali amebe, giardie, toxoplasma.
È provato inoltre che il contatto diretto con le blatte o con i loro resti, può dare luogo a fenomeni di ipersensibilità con sviluppo di allergie.

Il calabrone o Vespa crabrone

Il calabrone (Vespa crabro) è certamente una delle specie animali più temute e perseguitate del nostro paese. In realtà la sua fama è largamente immeritata e, nonostante le dimensioni e il ronzio inquietante, si tratta di un insetto del tutto pacifico che interferisce molto raramente con l’uomo. Infatti non viene attratto dai cibi, e non infastidisce quando si mangia all’aperto o nei luoghi ove si trattano alimenti (industrie alimentari, negozi, mercati); inoltre non entra quasi mai nei locali abitati, eccetto talvolta in primavera, quando le regine sono in cerca di un luogo adatto alla costruzione del nido. Essendo instancabili predatori, da adulti si cibano di alimenti zuccherini (nettare, linfa, frutti maturi, ecc.) mentre alimentano le regina e le larve solo con prede vive, i Calabroni possono essere considerati utili per la gran quantità di insetti molesti che eliminano, in particolare catturano, mosche, bruchi, cavallette, altre vespe ed api.
Le comunità dei calabroni sono sempre annuali; in primavera la regina fecondata, dopo avere superato l’inverno in un luogo riparato (di solito un tronco marcescente), fonda la nuova colonia, costruendo alcune cellette in un luogo sicuro e difficile da individuare. Inizia così a deporre le uova accudendole personalmente fino a ché non nasceranno le prime operaie. Inizialmente il nido si presenta come una semisfera concava all’interno della quale si affacciano alcune cellette con le larve in sviluppo. Il materiale per costruire il nido viene ottenuto bagnando di saliva alcune schegge di legno morto, fino ad ottenere una pasta modellabile, che, una volta indurita, avrà aspetto cartaceo. Dopo la nascita delle vespe operaie (tutte femmine sterili), la regina si occuperà della sola deposizione delle uova, andando di cella in cella a controllare che le larve siano tutte sue figlie, mentre le operaie svolgono tutti gli altri lavori: nutrizione, toelettatura, ricerca del cibo, difesa, manutenzione, ecc. Col procedere della stagione calda, lo sviluppo della colonia diverrà sempre più rapido, aumentando il numero di operaie che partecipano alla sua costruzione, raggiungendo la massima espansione nella tarda estate (periodo in cui nel nido vi possono essere oltre 500 individui). A questo punto la regina cessa di deporre le uova per lasciare alla sua ultima covata lo spazio necessario per crescere: questa è composta dalle larve aploidi, nate da uova non fecondate, che daranno origine ai maschi. La regina, ormai vecchia, non è più in grado di secernere l’ormone che rende sterili le sue operaie, e di conseguenza queste cominciano a dare origine a nuove regine. Le vespe regine ed i maschi si mescoleranno con quelli di altri nidi ed avverrà l’accoppiamento. I maschi morranno e le regine fecondate andranno a svernare in ibernazione nei tronchi marci o sotto terra, riattivandosi la primavera successiva per continuare l’evoluzione della specie.
Alla fine di ottobre la vecchia colonia ha terminato il suo ciclo, e la regina muore, seguita da tutte le sue operaie e del nido non resterà che l’involucro cartaceo e le cellette abbandonate, soggette al saccheggio di formiche ed altri insetti, che lo utilizzeranno come rifugio invernale.
I calabroni vivono di preferenza nei boschi di latifoglie a bassa e media quota, ma si adattano bene anche alle zone di campagna e suburbane purché con buona presenza di aree alberate e semi naturali. Preferiscono nidificare nel cavo di grandi tronchi, ma spesso si adattano a cavità artificiali (cassonetti delle tapparelle, intercapedini dei muri, camini, granai, cassette nido per uccelli), creando non poca preoccupazione fra gli abitanti. I vecchi nidi non vengono mai riutilizzati ma spesso la stessa cavità viene usata per più anni consecutivi, con nidi addossati gli uni sugli altri.
I calabroni, come tutte le vespe e le api, sono pericolosi solo se ci si avvicina troppo al nido ossia quando sentono minacciata la colonia; in questo caso diventano aggressivi e vi è il rischio di essere attaccati e punti da numerosi individui contemporaneamente. Lontano dal nido pungono in pratica solo se afferrati o schiacciati, altrimenti si allontanano senza reagire.

Curiosità

I calabroni non si possono ammazzare?

In alcune realtà territoriali, tra cui la Germania, i calabroni sono stati riconosciuti come specie protetta allo scopo di tutelare il loro ruolo nell’ecosistema. Al fine di proteggere questo utile insetto e limitare la nidificazione in luoghi non appropriati o problematici vengono posizionare apposite cassette nido in luoghi scelti, ove non costituiscono alcun fastidio o pericolo. Tale metodo viene da anni utilizzato in Germania (ove il calabrone è specie protetta), da parte di enti pubblici e privati cittadini.

I bombi non sono calabroni?

bombo

Con il termine calabrone vengono spesso erroneamente identificati anche l’ape legnaiuola (Xylocopa violacea) ed il bombo terrestre (Bombus terrestris). Bisogna pertanto precisare che questi imenotteri sono invece molto meno aggressivi e che, come le api, raccolgono il nettare ed il polline per nutrire i loro piccoli. I bombi sono tra gli insetti impollinatori più importanti ed utili per l’uomo, utilizzati in agricoltura soprattutto per l’impollinazione dei pomodori.

Il Calabrone asiatico

Originaria del sud-est asiatico, la Vespa velutina nigrithorax (il calabrone asiatico) è stata segnalata in Europa nel 2004, nella zona meridionale della Francia ed oggi la si ritrova anche in Liguria e Piemonte. La rapidità di espansione è dovuta al trasporto passivo delle nuove regine, allevate dalle colonie a fine stagione, che si rifugiano in materiali di varia tipologia per trascorrere il periodo invernale.
La pericolosità della Vespa velutina, che per gli uomini può essere paragonata a quella delle altre vespe europee, riguarda soprattutto le api, con le quali nutrono le loro larve. Infatti le api europee, non avendo mai avuto contatti con questo predatore, sono totalmente vulnerabili ai suoi attacchi, tanto da minare seriamente l’esistenza delle comunità apiarie (in Asia le api hanno invece evoluto efficaci comportamenti di difesa).

Le Ofridi calabrone

Si tratta di un genere di orchidea che realizza fedeli imitazioni di insetti. L’Ofride calabrone modella il labello del fiore dandogli la forma, il colore, e anche la superficie lanuginosa del corpo del calabrone, distillando anche un profumo identico a quello che emette la femmina di questa specie. La somiglianza è tale che il calabrone maschio tenta invano di accoppiarsi con questa illusione, e così facendo si ricopre dei pollini della pianta che trasporterà su un’altra orchidea.
In questo caso, una vana copulazione produce effettivamente una fecondazione efficace, non dell’insetto, ma bensì del fiore.

Mai schiacciare un calabrone

E’ utile sapere che schiacciare i calabroni determina il rilascio di un segnale chimico che stimola l’aggressività degli altri membri della colonia. Questo vale soprattutto quando si è all’aperto.

Vita da Chironomide

I Chironomidi sono insetti che assomigliano alle zanzare, ma che a differenza di queste non pungono, quindi non sono di interesse sanitario. Essi costituiscono un anello importante della catena alimentare degli ecosistemi di acque dolci. Nei laghi, in particolare, la biomassa costituita da questi insetti è parte significativa della produttività, rappresentando una fonte alimentare soprattutto per pesci, uccelli e pipistrelli.
In estate gli insetti adulti possono costituire un elemento importante di disturbo, in quanto si dirigono in sciami provocando problemi anche alla viabilità automobilistica.
I Chironomidi passano la maggior parte della loro vita nei limi di fondo dei laghi e stagni come larve. Alle nostre latitudini i Chironomidi tendono ad avere due generazioni annuali: una generazione invernale, le cui uova vengono deposte a fine estate e lo sfarfallamento avviene nella primavera successiva; una generazione estiva che, grazie alle temperature più elevate, ha tempi più brevi e sfarfalla al termine della stagione calda. La femmina di Chironomide, non appena viene fecondata, depone la massa di uova sulla superficie dell’acqua. Le larve rappresentano uno degli alimenti principali dei pesci, mentre gli adulti, che vivono pochi giorni, sono oggetto di predazione da parte di uccelli e pipistrelli.

Curiosità

E’ vero che i chironomidi pungono?
I chironomidi non pungono perché non hanno un apparato boccale pungente-succhiatore.

I chironomidi vivono la maggior parte della loro vita nei limi di fondo?
Si. In particolare nella fase invernale passano anche vari mesi nei limi di fondo. In estate con la temperatura più elevata dell’acqua il periodo di vita della larva nei fondali si abbrevia.

E’ vero che i chironomidi emettono un rumore?
Si, viene definito rumore di aggregazione, si avverte in particolare nei momenti di intensa pullulazione quando in grandi sciami sostano vicino a fonti luminose o sui prati soprattutto durante le prime ore dell’alba. In generale, i maschi delle varie specie di chironomidi sono attratti dal rumore del battito d’ali delle femmine.

E’ vero che i chironomidi hanno una vista acuta?
I chironomidi non hanno una vista molto sviluppata.

E’ vero che le larve sono uno dei cibi preferiti dai pesci?
Si, rappresentano una buona quota di cibo per la fauna ittica ma sono fondamentali anche per l’avifauna e i pipistrelli.

I chironomidi si sviluppano anche in acque salmastre?
Si, vi sono specie di chironomidi che colonizzano questi ambienti.

I numeri del chironomide

Quanto vive un chironomide adulto?
Pochi giorni.

Quante uova depone una femmina di chironomide?
A seconda della specie a cui appartiene. La femmina di Chironomus plumosus può deporre da 400 a 800 uova.

Quanto tempo ci vuole per un uovo di chironomide a trasformarsi in adulto?
Dipende dalla temperatura delle acque. In genere alcuni mesi in inverno e circa due mesi in estate alle nostre latitudini.
In condizioni di laboratorio con una temperatura costante delle acque di 20 °C, circa 1 mese.

Quali distanze può coprire un chironomide volando?
Dipende dalla specie. In genere i chironomidi rimangono nei pressi del posto in cui sono sfarfallati, ma possono essere trasportati dai venti anche per vari chilometri.

Il lasioderma o Anobio del tabacco (Lasioderma serricone)

Vita da Lasioderma

Una volta individuato il substrato ideale le femmine depongono le uova (fino a 100) o singolarmente o raggruppate in 4-5. Dopo un’incubazione che può variare notevolmente in base alla temperatura, dai 5 ai 22 giorni, le larve neonate forano con l’apparato boccale il substrato alimentare producendo delle gallerie con sezione circolare. L’impupamento avviene in una piccola cella costruita con detriti, rasura ed escrementi.
La durata del ciclo di sviluppo varia in base alle condizioni ambientali, fra i 26 giorni ai 7 mesi. Sono osservabili generalmente 2-3 generazioni annue, ma se ne possono contare anche 7. La vita adulta dura dai 14 ai 50 giorni. Gli adulti sono in grado di spostarsi in volo con temperature superiori ai 24 gradi.

Il flebotomo

Distribuzione geografica: in Europa i Flebotomi (mosca della sabbia – sandfly) cosciuti anche come “pappataci”, sono presenti nelle zone temperate, in particolare nella regione del Mediterraneo, come pure nei tropici e zone sub-tropicali. Negli ultimi anni la loro presenza si è estesa in modo rilevante in Francia, Belgio, Austria ecc., in zone che hanno temperature superiori ai 16 °C e non scendono sotto i 10 °C. con gradiente di umidità elevata, indispensabile per la sopravvivenza delle uova.
Morfologia: i flebotomi, ditteri ematofagi (Fam. Phlebotominae), hanno un apparato boccale penetrante in grado di succhiare il sangue da un ospite vertebrato (uomo o animale); sono minuscoli insetti delle dimensioni di 1,5-3,5 mm, con aspetto peloso, grandi occhi neri e lunghe zampe; quando sono a riposo o in fase di suggere sangue (vedi immagine), si distinguono dalle altre piccole “mosche” per le ali pelose poste ad angolo di 40°.
I Flebotomi hanno un ciclo di vita costituito da quattro stadi: uovo, larva, pupa e adulto. Le uova si schiudono dopo 4-20 giorni, subiscono un ritardo nella schisa in climi più freddi. Lo sviluppo larvale comporta quattro stadi, e si completa dopo 20-30 giorni, secondo la specie, la temperatura e la disponibilità di nutrienti. Valori ambientali estremi (calore, freddo o siccità) possono causare la diapausa larvale (arresto dello sviluppo), prolungando i tempi di crescita per mesi. Le larve fungono da spezzini, si nutrendosi di sostanza organica (es. funghi, foglie marce, feci animali e decomposizione di artropodi). Lo stadio di pupa dura 6-13 giorni prima che emergono le alate.
Comportamento alimentare degli adulti
Maschi e femmine, si nutrono di succhi vegetali e di secrezioni zuccherine, le femmine anche di sangue per la maturazione delle uova; la saliva contiene elementi proteici lisanti e anticoagulanti farmacologicamente attivi utili nel processo di alimentazione. L’attività antropofila è influenzata dalla temperatura, umidità e movimento dell’aria (sono deboli volatori, anche un vento leggero può inibire il volo e ridurre le punture). La maggior parte delle specie sono esofile (pungono all’esterno), si nutrono al tramonto e durante la notte, quando la temperatura scende e l’umidità aumenta.
I flebotomi, iniziano la loro attività nei mesi caldi, al calare della notte con picchi di massima intensità intorno alla mezzanotte e nell’ora che precede il sorgere del sole. Il loro volo è silenzioso e generalmente sono piuttosto stanziali, percorrendo brevi distanze dai focolai, per lo più trasportati dal vento (volano per poche centinaia di metri).
Riproduzione e ovideposizione
I Flebotomi adulti si accoppiano, attratti con l’ausilio di feromoni, poco dopo la nascita in siti di riposo o sul corpo di vertebrati. Le femmine solitamente depongono 30-70 uova durante un unico ciclo gonotrofico, deponendo le uova in crepe e buche nel terreno o in vecchi edifici, tane di animali e radici di alberi. Le uova, per sopravvivere, richiedono un microhabitat con alto tasso di umidità, non depongono in acqua, un solo pasto di sangue è sufficiente nella produzione di una deposizione.
Importanza sanitaria
I Flebotomi, vettori biologici di malattia per uomo e animali, da sempre rivestono in Italia rilevanza sanitaria, in particolare di una zoonosi endemica: la Leishmaniosi, talmente diffusa anche in altre parti dell’Europa e del modo, tanto da obbligare l’Organizzazione Mondiale della Sanità ad elaborare un piano internazionale di sorveglianza e controllo. Le specie italiane appartengono a due generi: Phlebotomus e Sergentomya, quest’ultimo non riveste importanza sanitaria. Del genere Phlebotomussolo sette specie sono state segnalate in Italia: P. perniciosusP. perfiliewiP. neglectusP. sergentiP. ariasiP. mascitiiP. papatasi(Maroli, 1989). L’uomo contrae principalmente la malattia in presenza di animali infetti, trattasi di una zoonosi. Le specie italiane responsabili della Leishmania infantum per l’umo sono: Phlebotomus perniciosusP. perfiliewiP. neglectus e P. ariasi. Inoltre, P. perfiliewi è il principale agente della trasmissione di Leishmaniosi cutanea (Maroli et al., 1987), come pure non si esclude un suo ruolo nella trasmissione della forma viscerale (Killick-Hendrick, 1977), mentre P. perniciosus è il vettore principale della Leishmaniosi viscerale, umana e canina. L’incidenza sul territorio nazionale della leishmaniosi canina è in costante aumento in ragione dei cambiamenti climatici e del numero di animali presenti nelle famiglie italiane.
Oltre ad essere vettori di protozoi, i flebotomi sono imputati della trasmissione di alcuni virus (Phlebovirus Toscana e Arbia), causa di encefaliti per l’uomo, con esiti talvolta fatali specie per le persone con deficit immunitario.

Le mosche

La mosca domestica (Musca domestica) è un insetto dell’ordine dei Ditteri, appartenente alla famiglia dei Muscidi. La specie si riproduce deponendo le uova all’interno di qualsiasi materiale di natura organica in decomposizione. Il ciclo di sviluppo, che dura circa 10 giorni, è molto rapido per la velocità con cui le larve raggiungono lo stato di adulto, diventando a loro volta capaci di riprodursi. Una mosca in condizioni ambientali adatte è in grado di vivere in media 8-10 giorni durante i quali è in grado di deporre fino a 1000 uova (circa 500 in gruppi da 150-200 ciascuno, in media ogni 3-4 giorni). Comunque la durata del ciclo varia soprattutto in funzione della temperatura.

Il ciclo biologico della mosca domestica si svolge attraverso uno stadio di larva terricola (3 età larvali), uno stadio di pupa e uno di adulto.

Le uova hanno forma oblunga, misurano tra 1-1,2 mm e di colore bianco opaco. Gruppi di uova vengono deposti dalla femmina su materiale organico in putrefazione, umido ma non liquido. La schiusa delle uova avviene a temperature superiori ai 13°C e non sono più vitali a temperature sotto gli 8°C.

Le larve hanno un corpo snello e cilindrico, schiacciato nella estremità anteriore e arrotondato in quella posteriore, completamente privo di appendici, temono la luce, preferiscono una temperatura intorno ai 35°C e amano una umidità piuttosto elevata. Durante il primo stadio la larva cresce da 1 a 3 mm, durante il secondo da 3 a 5 mm e durante il terzo da 5 a 12-13 mm.

La mosca comune adulta è un insetto di 7-8 mm, con torace striato nero e grigio. L’addome è giallastro con una striscia scura dorsale e la quarta venatura alare è piegata ad angolo nella parte distale. Si tratta di insetti diurni, attivi solamente durante il giorno o in presenza di luci artificiali, mentre nell’oscurità, e a temperature inferiori ai 15°C, sospendono ogni movimento.

Importanza sanitaria

La mosca domestica è un potenziale agente per la trasmissione di infezioni enteriche, quali dissenterie, diarree infantili, febbri tifoidi e altre salmonellosi, colera e malattie infettive, come l’epatite virale o parassitarie come alcune elmintiasi (imenolepiasi) o protozooasi (amebiasi).
Le mosche vengono in contatto con substrati infetti (feci, escreti, ecc.) e contaminano meccanicamente il cibo e gli utensili dell’uomo trasportandovi agenti patogeni quali batteri, virus, protozoi, uova di elminti; questi possono essere veicolati sia esternamente (con l’apparato boccale e la peluria delle zampe e del corpo), sia internamente, nell’esofago o nel tratto intestinale dell’insetto. Fortunatamente almeno i patogeni trasportati all’esterno sopravvivono per poco tempo, specialmente se esposti alla luce diretta del sole.
All’interno della mosca, invece, alcuni di questi possono sopravvivere anche per giorni ed essere trasmessi quando l’insetto rigurgita o defeca. Oltre alla capacità di trasportare patogeni le mosche sono in grado di causare grossi fastidi legati semplicemente alla loro presenza fisica (azione molesta). Inoltre quando si raggiungono alte densità di mosche all’interno dei ricoveri zootecnici, si possono avere seri danni economici come la ridotta produzione di latte da parte del bestiame infastidito.

Tra le malattie trasmesse dalle mosche vanno ricordate:

Infezioni batteriche

  • Shigellosi. Si tratta di dissenterie batteriche che possono diventare anche gravi, soprattutto nei bambini. Bastano 100 batteri del genere Shigella per determinare la malattia nell’uomo.
  • Salmonellosi (febbri tifoidi-paratifoidi, enteriti varie). Meno importante in questo caso il ruolo vettore giocato dalla mosca, anche per via della carica batterica necessaria per determinare la malattia che è molto più alta di quella richiesta nella Shigellosi.
  • Colera. La trasmissione del colera è ritenuta possibile ma piuttosto rara

Infezioni da protozoi

  • Amebiasi intestinale (dissenteria amebica) e toxoplasmosi.

Infezioni da elminti

  • Vermi intestinali quali ossiuri (Enterobius vermicularis), ascaridi (Ascaris lumbricoides), il tricocefalo (Trichuris trichiura), strongiloidi (Strongyloides stercoralis) e le tenie (Taenia spp e Dipylidium caninum).

Infezioni virali

  • Le mosche sono in grado di trasmettere anche i virus, sebbene il ruolo nella trasmissione di questi agenti patogeni non sia ritenuto di grande importanza epidemiologica. In particolare, si tratta dei virus responsabili di intossicazioni alimentari e dell’epatite virale di tipo A.

Processionaria del pino: un problema sempre più attuale

Nelle aree urbane e in quelle a verde attrezzato gli alberi e le altre specie ornamentali vegetano in ecosistemi caratterizzati da una semplificazione molto accentuata e spesso fortemente inospitali per le piante a causa della pressoché continua azione antropica che comporta rilevanti fattori di stress diretti e indiretti, come ad esempio drastici compattamenti del terreno, ferite ai tronchi ed alle radici, apporto di varie sostanze inquinanti. Di frequente si tratta di semplici viali alberati delimitati dal manto bituminoso e da edifici o di piccoli gruppi di piante o singoli esemplari, talvolta di dimensioni monumentali, al centro di piazze e di aiuole.

Le piante arboree, in particolare, cui sono demandate nelle città importanti funzioni, tra cui quelle di regolazione climatico-ambientale, di attenuazione dei rumori e di intercettazione di polveri e gas, sono inoltre soggette ad  attacchi di fitofagi, tra i quali si annoverano numerose specie di Lepidotteri, Insetti noti alla gran parte delle persone soprattutto per la bellezza e i colori variopinti riferibili alle farfalle diurne, ma che comprendono anche specie meno vistose capaci di causare vari tipi di danni. I Lepidotteri costituiscono uno degli Ordini più rappresentativi nell’ambito degli Insetti con circa 200.000 specie conosciute nel mondo. Lo sviluppo di questi esapodi prevede in generale una metamorfosi completa che si realizza attraverso 4 fasi distinte:

uovo – larva(=bruco) – crisalide – adulto.

Tra i Lepidotteri sono note diverse specie che costituiscono importanti indicatori della qualità dell’ambiente e sono pertanto utilizzabili negli studi sulla biodiversità degli ecosistemi, sia specie che a motivo di fattori di scompenso favorevoli alle loro infestazioni possono interagire anche pesantemente con le produzioni agroforestali ed altre attività antropiche inclusi aspetti di igiene ambientale, ponendo problemi di varia natura, spesso di non facile soluzione.

A quest’ultimo esempio si possono riferire quelle specie le cui larve sono provviste di peli urticanti, cioè di appendici tegumentali in rapporto con particolare ghiandole, capaci di causare effetti dannosi sull’uomo e più in generale sugli organismi a sangue caldo.

I peli urticanti sono simili a piccoli arpioni provvisti di punte laterali dirette verso l’apice, i cui effetti derivano dal sommarsi di un’azione fisica, dovuta alla loro particolare conformazione, con l’attività chimica di proteine solubili, liberate a seguito della rottura del pelo.

Dette strutture sono generalmente lunghe 0,10-0,15 mm e quindi di dimensioni molto più piccole dei normali peli visibili ad occhio nudo e sono disposte sul corpo delle larve in aree ben delimitate dette “specchi”, la cui morfologia e distribuzione è caratteristica per ciascuna specie. Gli specchi raggiungono la massima ampiezza nelle larve prossime alla maturità, che possono portare centinaia di migliaia e talvolta milioni di peli urticanti.

La Processionaria del Pino, temuto ospite di Conifere anche nella Regione Mediterranea, è una farfalla che da giovane allo stadio di bruco si nutre degli aghi dei pini e dei cedri, costruendo sulla chioma delle piante grossi e vistosi nidi biancastri. I bruchi della Processionaria del pino sono provvisti di peli urticanti e raggiungono di norma la maturità a fine febbraio-aprile, quando abbandonano definitivamente i nidi scendendo dalle piante lungo i tronchi in lunghe processioni in fila indiana per interrarsi ad alcuni centimetri di profondità, in attesa di trasformarsi in estate in farfalle. In considerazione della pericolosità di questo Insetto, si raccomanda nei prossimi mesi di non avvicinarsi o toccare nidi e file di larve che abbandonano i pini e soprattutto di non effettuare interventi di lotta con mezzi di fortuna, senza idonei dispositivi di protezione individuale.

Pulce

Introduzione / Generalità

In generale le Pulci (Sifonatteri o Afanitteri) infestano sia numerose specie di animali omeotermi e/o i loro siti di proliferazione e di riposo sia l’uomo ed i suoi ambienti di vita e di lavoro. Tra le centinaia di specie di Pulci ve ne sono alcune tipiche degli ambienti urbani e rurali di particolare interesse igienico sanitario umano e veterinario; da adulti, infatti, le “Pulci degli ambienti urbanizzati” pungono e succhiano (indifferentemente femmine e maschi di giorno e di notte) il sangue di uomini e di animali sinantropi o da compagnia o da allevamento rappresentando così un elemento significativo nella trasmissione di malattie di cui tener conto nella valutazione del rischio biologico pulci correlato.

Le Pulci, generalmente, vengono suddivise secondo due criteri distintivi:
a) l’adattamento all’ospite; b) la dipendenza dall’ospite.

a) L’adattamento delle Pulci all’ospite si esplica attraverso tre livelli di specificità:

  • 1° Liv. ospite primario (principale);
  • 2° Liv. ospite subordinato (secondario);
  • 3° Liv. ospite aggiuntivo (straordinario).

Tale specificità parassitaria determina la suddivisione delle Pulci in “polissene” (quelle che possono infestare, indifferentemente, più specie animali, uomo compreso) e “monossene” (quelle che infestano una sola specie, ad es. le Pulci dei Pipistrelli).

b) La dipendenza delle Pulci dall’ospite determina, a sua volta, una suddivisione in tre gruppi:

  • 1) le specie temporanee c.d. “specie di nido” che sostano sull’ospite per il tempo necessario al/i pasto/i di sangue – tra queste vi sono tutte quelle che attaccano l’uomo;
  • 2) le specie temporanee stazionarie (c.d. specie di pelliccia) che restano sull’ospite ma si spostano, sul corpo dello stesso, tra regioni rifugio (quelle dove l’animale si gratta di meno) e zone di alimentazione (quelle più ricche di circolazione ematica);
  • 3) le specie fisse – quelle che restano, immobili sull’ospite, attaccate al punto di suzione fino alla morte loro e/o dell’ospite.
    Un’ulteriore distinzione tra Pulci Penetranti e Pulci non Penetranti non riveste particolare interesse (nota: non essendo presente continuativamente in Europa alcuna specie di Pulce penetrante, questo gruppo di Pulci riveste interesse sanitario sopratutto per la Medicina dei Viaggi (in particolare quelli da e per l’Africa e l’America del Sud).

Le Pulci degli ambienti urbanizzati (cittadini e rurali).

Tra le specie polissene di nido o di pelliccia, le Pulci che possono attaccare l’uomo (provocando “Parassitosi da Pulci” o “Pulicasi”) sono in numero limitato; le principali specie (indicate da Moreno Dutto nel suo testo intitolato “Igiene e Sanità Pubblica Elementi di Entomologia e Zoologia Medica e Urbana” 2009 C.G. Edizioni Medico Scientifiche a cui questa parte della scheda fa ampio riferimento) sono:

  • Pulex irritans (c.d. pulce dell’uomo) negli ultimi anni si sono numericamente ridotte le infestazioni umane da parte di questa specie di pulce di nido (che è associata all’uomo ed al cane domestico come ospiti primari ed ai ratti come ospiti straordinari (3° livello di specificità). E’ meno prolifica delle altre specie di interesse igienico sanitario (depone in tutta la sua vita circa 100 uova) ma è più longeva (vive per circa 1 anno e mezzo) e punge durante tutto l’anno pur presentando un notevole picco estivo
  • Ctenocephalides felis (c.d. Pulce del Gatto) il gatto è l’ospite di 1° livello mentre l’uomo ed il cane domestico sono al 2° livello di specificità, al 3° livello ha come ospiti i ratti. Questa specie vive sostanzialmente nei luoghi antropizzati e recentemente, nei paesi industrializzati, ha preso la pulce dell’uomo per numerosità di infestazioni umane (pulicasi umane). E’ molto prolifica (circa 8 volte superiore alla pulce dell’uomo nei cui confronti ha anche uno sviluppo embrionale e larvale molto più veloce), però vive meno lungamente (mediamente alcuni mesi comunque meno di un anno)
  • Ctenocephalides canis (c.d. Pulce del Cane) differentemente dalla pulce del gatto, questa specie non è in stretta associazione con l’uomo e neppure con il cane domestico ma con i canidi selvatici; infatti sono rare le pulicasi umane da pulce del cane.
  • Xenopsylla cheopis (c.d. Pulce dei Ratti) è in stretta associazione con il ratto norvegico (ratto delle chiaviche) ed in parte anche con il ratto nero (ratto dei tetti); ama il caldo pertanto in Europa si ritrova nelle aree antropizzate dove passa l’inverno in prossimità di fonti di calore (locali caldaia, scantinati e simili di aziende ed abitazioni meglio se infestati anche dai ratti). E’ un po’ meno prolifica, attiva e longeva della pulce del gatto
  • Ceratophyllus columbae (c.d. Pulce del Colombo) infesta, come ospiti primari, i nidi dei Colombi di città e come ospiti straordinari (3° livello di specificità) l’uomo oltre alla Volpe ed alla Faina
  • Leptopsylla segnis (c.d. Pulce del Topo domestico) infesta il mantello (Pulce di pelliccia) del Topo domestico e del Ratto nero; attacca come ospiti straordinari (3° livello di specificità) il Topo selvatico e l’uomo
  • Spilopsyllus cunicoli (c.d. Pulce del Coniglio) specie con biologia differenziata tra età giovanile (Pulce di nido associata a Conigli selvatici – 1° livello di specificità- ) e stadio adulto (Pulci fisse sui padiglioni auricolari associata a Lepri e Conigli); questa specie attacca, come ospiti straordinari (3° livello di specificità), il Cane domestico e l’uomo.

 Ragno violino

Loxosceles rufescens, comunemente noto col nome di “ragno violino”, è una delle circa 100 specie conosciute del genere Loxosceles (Arachnida: Sicariidae); la maggior parte di esse vive nel continente americano. Solo poche specie del genere sono sinantropiche, mentre le altre vivono per terra o sotto le cortecce. Loxosceles rufescens è l’unica specie di origine mediterranea e, insieme a Loxosceles distincta, è ampiamente distribuita su tutto il territorio italiano.

Vita da Loxosceles

Il periodo riproduttivo del Loxosceles rufescens va da febbraio ad ottobre e la maggior parte degli accoppiamenti si osserva ad inizio estate. Le femmine fecondate depongono le uova in sacchi ovigeri, simili a bozzoli di seta biancastri e di pochi millimetri di diametro, che contengono ciascuno da 20 a 50 uova. I giovani ragni schiudono dopo circa una settimana e restano nei pressi della ragnatela fino alla prima o alla seconda muta; diventano adulti, dopo 6-7 mute, in circa 7-8 mesi. Sono ragni piuttosto longevi, la loro vita media è di circa 4 anni. Il ragno violino è un animale resistente e può vivere per più mesi senza né acqua né cibo.

Lo scorpione

Gli scorpioni sono animali sono attivi prevalentemente di notte, quando cacciano insetti, ragni, e altri piccoli animali. Le prede vengono afferrate con le “chele” (dette “pedipalpi”) e sminuzzate con i cheliceri; le prede più grandi vengono prima paralizzate con il veleno dell’aculeo. La femmina produce piccoli già attivi, semitrasparenti, identici agli adulti, che trasporta per alcuni giorni sull’addome.
Ad oggi, nella maggior parte del territorio italiano risulta essere presente soltanto il genere Euscorpius (famiglia Chactidae) con 4 sottogeneri e 12 specie, delle quali le più diffuse sono E. italicus e E. flavicaudis; comunque la classificazione delle specie di questo genere, molto simili tra loro, è oggetto di continua revisione e aggiornamento da parte degli esperti tassonomi. Le dimensioni si aggirano mediamente intorno a 3-4 cm, secondo la specie. La colorazione delle specie presenti in Italia è generalmente scura ma E. flavicaudis si può riconoscere dalle altre per il colore dell’aculeo e degli arti di solito giallastro.
Per completezza è opportuno riportare anche la specie Buthus occitanus (famiglia Buthidae) poiché sebbene presente in Spagna, Francia meridionale e in altre regioni europee è stato occasionalmente segnalato anche in Liguria. La puntura di questo scorpione risulta essere particolarmente dolorosa rispetto a quella del genere Euscorpius.

Simulidi

Si tratta di piccoli “moscerini” (di 2-3 mm di lunghezza) abili volatori che passano parte del loro ciclo biologico –nella fase giovanile- in corsi di acqua corrente in genere caratterizzati da bassi carichi organici. Presenti nelle zone Alpine (sino a 2000m), ma anche nei torrenti e fiumi di pianura. Analogamente ad altri ditteri – come le zanzare per citare le più famose – sono degli ematofagi. Le loro femmine, infatti, necessitano di un pasto di sangue – preferendo mammiferi ma anche uccelli – per portare a maturazione le uova. Gli adulti maschi e femmine frequentano anche le piante da fiore per ottenere –dal nettare – la porzione glucidica della loro dieta.

La Tignola fasciata

Le femmine possono deporre fino a 400 uova sul substrato alimentare. A seconda delle condizioni ambientali l’incubazione varia fra i 3 e i 14 giorni, dopo i quali si ha la fuoriuscita delle larve. La vita larvale dura fra 3 settimane e 10 mesi. La fase di pupa dura circa 9 giorni e si riscontra in bozzoletti sericei frammisti a farina. A 30 gradi il ciclo si conclude in 26 giorni e mediamente si osservano 3-4 generazioni annue.
Gli adulti generalmente non si nutrono, alcune volte escono fuori dagli edifici per suggere dei liquidi zuccherini dalle piante e vivono dai 7 ai 15 giorni.

Vita da Tignola grigia

La femmina di E. kuehniella depone generalmente 200 – 400 uova (fin’anche a 600) isolate o a gruppetti sul substrato alimentare.
I tempi per la schiusa sono molto variabili in funzione della temperatura. In condizioni ottimali (26-28°C e 75% U.R.) le larve appaiono dopo 4 giorni.
E. kuehniella a differenza delle altre specie di tignole, è in grado di svilupparsi su substrati poveri di minerali e vitamine nonché completamente disidratati.
Durante lo sviluppo, le larve costituiscono abbondanti bave sericee e raggiunta la maturità, si impupano in piccole fessure e anfratti. Lo sfarfallamento avviene durante tutti i periodi dell’anno; gli adulti, in genere poco mobili, si ritrovano prevalentemente in aree scure poco ventilate e prediligono camminare piuttosto che spostarsi con lunghi voli.
Le femmine di E. kuehniella sono in grado di deporre le uova già dopo poche ore dallo sfarfallamento. Gli adulti si alimentano raramente (di liquidi zuccherini) anche se, nella stragrande maggioranza dei casi, si accoppiano e si riproducono senza nutrirsi. La vita adulta può durare da 7 a 15 giorni, ma la longevità degli individui è inversamente proporzionale alla diminuzione della temperatura.

Tribolo o pulce della farina

A differenza di altri insetti delle derrate, i Triboli hanno vita longeva, l’adulto di T. confusum vive anche 3 anni, mentre T. castaneum generalmente non supera i 24 mesi. Si nutrono dello stesso substrato alimentare su cui si sviluppano le larve e riescono a sopravvivere anche solo cibandosi di muffe.
Ogni femmina depone in media 300-500 uova (1-15 al giorno) sugli alimenti attaccati, tuttavia vi sono casi in cui si registrano anche deposizioni di 900 unità.
In condizioni di temperatura e umidità ideali il ciclo di sviluppo viene completato da T. confusum in 25-27 giorni e da T. castaneum in 20 giorni.
Sono ottimi camminatori e prediligono muoversi con le zampe, tuttavia quanto le temperature risultano elevate (superiori ai 28-30 gradi) tendono a spostarsi in volo.

Vespa

Nel nostro Paese sono presenti varie specie di vespe appartenenti ai generi Polystes e Vespula, che rappresentano le vespe sinantropiche più comuni.
Le vespe vivono in colonie formate da alcune decine a migliaia di individui e nei nostri climi sono presenti solamente durante la stagione calda (da aprile ad ottobre). Esse costruiscono nidi complessi, caratteristici, detti favi, costituiti da numerose celle disposte orizzontalmente, e realizzati con una sorta di cartone ottenuto impastando fibre vegetali. In genere vengono costruiti all’interno di cavità naturali come quelle degli alberi, o all’interno di manufatti (sottotetti, canne fumarie, cassonetti, infissi, ecc.).
Alcune vespe, in particolare la Vespula germanica, approfittano delle cavità create da altri animali (arvicole e talpe) per costruire il nido nel terreno.
Esse possono diventare particolarmente infestanti in ambiente urbano, quando i residui alimentari non vengono correttamente smaltiti o in ambiente rurale dove “approfittano” delle colture frutticole.
Le specie di vespe che comunemente si trovano presso le abitazioni e possono costituire un fastidio o un pericolo per l’uomo vanno distinte nelle vespe vere e proprie (genere VespaVespula e Dolichovespula) e le vespe cartonaie (genere Polistes).
Alle prime appartengono le  comuni vespe dal corpo tozzo con nido di forma sferica fatto di diversi favi sovrapposti, posto sempre all’interno di cavità naturali (grandi alberi, tane sotterranee, ecc.), o artificiali, mentre alle seconde appartengono vespe dal corpo più snello, il cui nido è formato da un singolo favo di forma irregolarmente circolare (di diametro attorno ai 12-15 cm), privo di involucro, attaccato ai vari substrati mediante un peduncolo.
Le comunità delle vespe sono tutte annuali: la regina fecondata, dopo avere superato l’inverno in un luogo riparato, fonda la colonia nella tarda primavera. Col procedere della stagione calda, la colonia diviene sempre più ampia, aumentando il numero di operaie che partecipano alla sua costruzione, raggiungendo la massima espansione nella tarda estate. In questo periodo nel nido vi possono essere anche alcune migliaia di vespe. A questo punto compaiono i maschi, destinati ad accoppiarsi con le nuove regine. Ormai infatti la vecchia regina non è più in grado di secernere l’ormone che rende sterili le sue operaie, e di conseguenza queste cominciano a dare origine a nuove regine. Le vespe regine ed i maschi si mescoleranno con quelli di altri nidi ed avverrà l’accoppiamento. A questo punto comincia il rapido declino della colonia, dovuto alla morte dei suoi membri che non vengono più rimpiazzati. I maschi morranno e le regine fecondate andranno a svernare in ibernazione nei tronchi marci o sotto terra, riattivandosi la primavera successiva per continuare l’evoluzione della specie ricostruendo nuove colonie.
Le vespe si cibano di liquidi zuccherini, sostanze vegetali e proteiche, e sono predatrici di altri insetti. Vespula germanica e Vespula vulgaris sono tra le specie più comuni e, a causa delle abitudini “spazzine”, risultano spesso moleste ove siano presenti fonti alimentari sia zuccherine che proteiche. Le specie del genere Dolichovespula (Dolichovespula media, Dolichovespula norwegica, Dolichovespula sylvestris, etc) costruiscono generalmente nidi aerei fra i rami di alberi e cespugli e non interferiscono quasi mai con le attività umane.
Le vespe cartonaie Polistes gallicus e Polistes dominulus si attivano prima delle altre e si possono trovare nidi con diversi individui già in aprile. I nidi di vespa cartonaia sono comunque sempre molto più piccoli, e i suoi membri si contano di solito in alcune decine. In compenso, in luoghi particolarmente favorevoli, se ne possono trovare anche parecchi gli uni vicini agli altri.
Le vespe sono pericolose solo se ci si avvicina troppo al nido ossia quando sentono minacciata la loro colonia; in questo caso diventano aggressive e vi è il rischio di essere attaccati e punti da numerosi individui contemporaneamente. Lontano dal nido pungono in pratica solo se afferrate o schiacciate, altrimenti si allontanano senza reagire.
Le vespe sono da considerarsi insetti utili per la loro attività predatoria, quindi i loro nidi  vanno eliminati solo se sono ubicati vicino a sentieri, luoghi di passaggio o quando costituiscono un reale pericolo per le persone.

Zanzara

Biologia e comportamento
Le specie di zanzare presenti in Italia sono circa una settantina, di queste solo le femmine di 10 specie pungono l’uomo ma tutte le zanzare hanno bisogno dell’acqua per completare il loro ciclo vitale. Infatti dopo l’accoppiamento, e dopo aver assunto così le proteine necessarie a maturare le proprie uova con il pasto di sangue, la femmina cerca un luogo adatto per la deposizione delle uova che avvenire direttamente in acqua o nelle sue vicinanze, con modalità proprie della specie di appartenenza. Ogni zanzara femmina può deporre dalle 100 ad oltre 500 uova che una volta sommerse daranno origine alle larve. Il ciclo vitale si concluderà con la trasformazione delle larve in pupa da cui emergerà l’adulto in tempi più o meno lunghi e dipendenti da fattori meteo climatici e dal fotoperiodo (quantità di luce/giorno).
Le zanzare comuni si sviluppano in ristagni d’acqua di ogni genere e dimensione, altre specie sono più esigenti. Ad esempio la Zanzara Tigre ha bisogno di piccole raccolte d’acqua preferibilmente ombreggiata, altre, come la Ochlerotatus caspius necessita di ampi spazi di acqua soleggiata. Una differenza importante consiste anche nella loro capacità di spostamento: mentre la zanzara comune e la Zanzara Tigre si spostano di poche centinaia di metri dal luogo dove nascono, lawww.conops.gr può spostarsi anche di oltre una decina di chilometri.

Zecca

Il ciclo biologico degli Ixodidi consta delle fasi di uovo, larva, ninfa e adulto. Per passare da uno stadio di crescita al successivo la zecca necessita di nutrirsi di sangue. Secondo la specie, il così detto pasto di sangue può avvenire su uno stesso ospite (specie monoxena), su due ospiti come (specie dixena) o su tre ospiti nella maggioranza delle specie (zecche eteroxeni). Le zecche dixene ed eteroxene si nutrono su ospiti di taglia differente; negli stadi larvale e ninfale di solito si tratta di roditori, uccelli, rettili, mentre gli ospiti delle zecche adulte sono mammiferi di taglia media e grande come canidi, ovini, suini bovini ed equini. Il ciclo vitale delle zecche si compie generalmente in un anno anche se a volte si possono osservare due generazioni in un anno; tuttavia, in alcune specie il ciclo di sviluppo può richiedere più tempo per compiersi, talvolta anche diversi anni.
Gli Argasidi di giorno si nascondono nelle vicinanze dell’ospite, e di notte si nutrono su di esso; il pasto di sangue è molto rapido, dopo di che la zecca torna a nascondersi; si tratta di zecche che parassitano soprattutto uccelli, spesso il pollame in allevamento. Il ciclo biologico si svolge attraverso 5 stadi di sviluppo: uovo, larva esapode, prima ninfa, seconda ninfa ed adulto. Il dimorfismo sessuale è poco evidente. La femmina dopo l’ovodeposizione non muore ma è pronta a compiere un altro pasto di sangue; il ciclo biologico può completarsi in condizioni ottimali in circa 40 giorni.